Associazionismo tra forma e sostanza

Articolo dell'Avv. Paolo Rendina pubblicato su fiscocsen.it
E' di qualche ora fa la pubblicazione su "fisco oggi", periodico d'informazione dell'Agenzia delle Entrate, di un interessante approfondimento all'Ordinanza della Corte di Cassazione n.ro 10393 del 30 Aprile scorso.
La Funzionaria, nel commentare la decisione assunta dai Giudici di Piazza Cavour, fa proprio il loro ragionamento secondo cui presupposto del regime di favore sia la sostanza dell’attività esercitata dall'ente associativo il quale non gode, in ragione della sola iscrizione al Registro CONI, di uno status di extrafiscalità che la può esentare per definizione da ogni imposizione.
In tal senso la Corte di Cassazione, sulla scorta di numerosi precedenti giurisprudenziali, non ha fatto altro che ribadire il proprio orientamento secondo cui, pur in presenza di un riconoscimento formale, quale appunto quello concesso dal CONI, l’Amministrazione finanziaria può esercitare un controllo di merito per verificare nel concreto se esistano i presupposti per l’agevolazione.
Già il tema era stato ampiamente affrontato nel Settembre 2015 allorquando l'allora Direttore dell'Agenzia delle Entrate, Dott.ssa Orlandi, nel corso dell'incontro tenutosi a Torino per presentare la guida “Associazioni sportive dilettantistiche: Come fare per non sbagliare” aveva esortato tutti i soggetti del Terzo Settore, ed in particolare i verificatori, a non fare del formalismo un muro insormontabile fissando quale primario obbiettivo della guida quello di “aiutare chi decide di costituire o già gestisce una ASD, guidandolo, negli adempimenti fiscali quotidiani”.
Insomma, si era iniziato a ragionare sulle possibili soluzioni operative utili a comprendere come comportarsi, ai fini dell'applicazione del regime di vantaggio, se ci si trovasse dinnanzi ad una realtà genuinamente associativa incappata in qualche vizio formale ovvero a realtà che, seppur formalmente ineccepibili, nella sostanza utilizzano lo status di sportiva dilettantistica esclusivamente quale leva per gestioni personalistiche o lucrative. Graduando così, in un caso o nell'altro, il rischio di perdita dei benefici fiscali.
Un approccio non nuovo e che era già emerso qualche anno prima. Con circolare la 9/2013, l’Agenzia delle entrate, in merito alle conseguenze in caso di violazioni formali degli obblighi statutari concernenti la democraticità e l’uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, aveva infatti avuto modo di ribadire che “l’effettività del rapporto associativo costituisce presupposto essenziale per il riconoscimento alle associazioni sportive dilettantistiche dei benefici fiscali previsti dalla vigente normativa, al fine di evitare l'uso distorto dello strumento associazionistico, suscettibile di intralciare – tra l’altro – la libertà di concorrenza tra gli operatori commerciali”, (cfr anche la circolare 21/2003, nella quale è stato chiarito che, in mancanza del formale recepimento nello statuto, nonché in caso di inosservanza di fatto delle clausole stabilite dal comma 18 dell’articolo 90 della legge 289, gli enti sportivi dilettantistici non possono beneficiare del particolare regime agevolativo a essi riservato).
Ne prendiamo atto nonostante, poi, sempre nel ragionamento della Funzionaria si legga : "(…) Al riguardo si ricorda che il Coni è, attualmente, l’unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società o associazioni dilettantistiche, in base all’articolo 7 del Dl 136/2004. (…)". Quell'avverbio – attualmente – vuol forse mettere in discussione il ruolo del CONI quale unico garante dell'unicità dell'ordinamento sportivo nazionale e, per l'effetto, l'unico ente certificatore dell'effettiva attività svolta ?
Mutuando il concetto da quelli che considero ancora oggi miei "maestri", non mi stancherò mai di considerare un'associazione come un organismo "vivo" fatto di cittadine e cittadini che, spontaneamente e liberamente, intendono "unire le forze" per il conseguimento di un obbiettivo comune ed ideale non contrario alla legge. Via i formalismi una volta per tutte e partiamo da qui come partirono coloro che, nella carta costituente prima e nel codice civile poi, dedicarono un articolato, considerato oggi scarno, ma di chiarezza ineccepibile. Da ciò dovrebbe pertanto derivarne che, se effettivamente e concretamente, un sodalizio si affacciasse all'esterno con caratteristiche tali da non mettere in discussione concetti quali democraticità e spinta ideale non dovrebbe esserci perplessità alcuna a vedergli riconosciuto il regime di favore. Non ci sarebbe materia imponibile "evasa" ma, anzi, un credito da parte dello Stato nei confronti di chi svolge un ruolo sempre più significativo per questo Paese.
Se ci saranno altri Enti certificatori l'attività effettivamente svolta dal sodalizio sportivo non ci è dato sapere ma una cosa è certa. In questo contesto, e nonostante i proseliti dell'Agenzia, la forma prevale sempre più sulla sostanza, con il rischio che si spenga la fiamma dell'associazionismo di base per lasciare accesa solamente una fredda luce artificiale fatta di tecnicismo e burocrazia.
Tutti quanti noi invece necessitiamo, oggi più che mai, che ci venga tracciata una strada il più possibile semplice e di facile imbocco e non, come nostro malgrado dimostrato dalle recenti riforme e dai tanti, troppi, interventi normativi, fatti o mancati, un cunicolo da scalare in corda doppia !
Ma di tutto questo bailamme ne terrà conto giudicante e verificatore ?
Paolo Rendina
Avvocato, Foro di Torino